LE CARROZZE RECORDS etichetta indipendente

Il Volo di Linbergh Kurt Weill

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STRUMENTALE
Raffaele Brancati
sax, flauto
Mariano Di Nunzio
tromba, flicorno
Sergio Corbini
pianoforte
Amedeo Ronga
contrabbasso
Daniele Fusi
batteria
prezzo di vendita: 10,00 Euro

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disegno in copertina di

Giuliano Vanni

le musiche di Kurt Weill reinterpretate in stile Jazz dal gruppo "Il volo di Lindberg"

RECENSIONE SU

1) Bilbao song (from Happy end)
2) Alabama song (from Mahagonny)
3) Prologué (from The seven deadly sins)
4) My ship
5) Surabaya Johnny (from Happy end)
6) Je ne t'aime pas
7) Speak low
Kurt Weill (Dessau 1900 - New York 1950) fu compositore e musicista assai eclettico. Nella città nativa di Dessau compì gli studi di composizione con A. Bing e successivamente alla Hochschule für Musik di Berlino con R. Krasselt ed E. Humperdinck.
Suonò come pianista nei cabaret berlinesi, finché, nel 1919, trovò impiego come maestro sostituto al Teatro di Dessau e, l'armo dopo, come direttore d'orchestra a quello di Lüdenscheid (Westfalia).
Dal 1921 al 1924, trasferitosi nuovamente a Berlino, si perfezionò con Ferruccio Busoni, e in seguito con Philipp Jamach, alla Hochschule. Risale a quegli anni il Ber/iner Requiem, su testo di Bertolt Brecht, per tre voci maschili e strumenti a fiato.
In contatto con i circoli d'avanguardia della capitale, iniziò a collaborare con autori di teatro. Il suo primo lavoro teatrale fu la pantomima Zaubermacht (Forza magica, 1922) cui fece seguito l'opera in un atto, su testo di Georg Kaiser, Der Protagonist (1926). Iniziò, così, la sua produzione per un teatro musicale che proponeva temi di attualità, soggetti a sfondo sociale e politico. Tale impegno artistico raggiungerà i suoi massimi livelli collaborando musicalmente alla realizzazione di significativi lavori teatrali di Brecht: Mahagonny (1927), un atto trasformatosi, poi, in tre atti con il titolo di Aufstieg und Falì der Stadt Mahagonny (Ascesa e caduta della città di Mahagonny, 1930); Die Dreigroschenoper (L'opera da tre soldi, 1928); Happy End (1929); Der Jasager (Colui che dice di sì, 1930). Sempre dalla collaborazione con Brecht, nel 1928, nacque la cantata Der Lindbergflug (Il volo di Lindbergh).
Ancora sul versante di un teatro musicale epico-popolaresco, Weill si impegnò in una grande opera in tre atti su testo di Caspar Neher (scenografo e collaboratore di Brecht) intitolata Die Burgschafi (La cauzione, 1932).
Inviso al nazismo, fu costretto ad emigrare a Parigi e a Londra e proprio in questa seconda città compose il balletto, su soggetto di Brecht, Anna-Anna (o I sette peccati capitali).
Nel 1935 si stabili negli Stati Uniti dove iniziò una intensa attività musicale per il cinema di Holliwood e per il teatro di Broadway.
 
Già da queste sintetiche note biografiche si evince quanto le scelte compositive di Kurt Weill siano state influenzate dai principi brechtiani di un teatro politico basato sul concetto di "straniamento" e di "recitazione epica".
Il compositore tedesco, infatti, dopo i primi lavori di forte impianto strutturale e con spiccate tendenze politonali, semplificò il suo stile verso una musica "popolare" che assunse i moduli del jazz, del café-concert, dei ritmi ballabili. Il risultato di questa contaminatio è un ambientazione sonora che altema facilmente l'orecchi abile con la crudezza, la compiacenza di certi temi melodici e ritmici con un loro brusco controllo che improvvisamente sembra congelare e rattrappire quanto prima era, appunto, troppo compiacente. Non si dimentichi, a proposito, che quella musica (giusto per le opere di Brecht) doveva compenetrarsi in parole dense di amarezza, di denuncia, di cruda ironia. Anzi, di più: doveva amplificare e dilatare quelle parole fino a far male, fino al paradosso.
Il volo di Lindbergh. Entro il variegato impianto compositivo che caratterizza la musica di Weill fu concepita anche la Il volo di Lindbergh, il cui titolo, non a caso, è stato scelto, oggi, per denominare, in unica sigla, un gruppo musicale e un disco che propone la rivisitazione delle musiche di Weill attraverso elaborazioni originali di suoi temi, arrangiati su quella incerta linea di confine che demarca (non demarca) la musica colta europea dal jazz.
L'odierno Volo di Lindbergh è dunque una raffinata operazione culturale che va a restituire un Weill non tanto "travisato", quanto, piuttosto, "trasfigurato" entro una sintassi che adotta schemi jazzistici, ma che non disdegna la citazione culta, il linguaggio "alto" di certo Novecento musicale. I temi di Weill si dilatano, così, ad atmosfere musicalmente evocanti, a spazi e sonorità creati nella continua alternanza del "serio-cantabile" con la svisatura, con la contrazione ritmica giocosa, ironica, perfino irriverente.
Come folgorazioni della memoria, si riconoscono quei temi originariamente crudi e sconsolati, nati come songs per un teatro di parole spesso nude, prosastiche, urtanti nella gabbia dialettica tutta abbreviata, quale era, appunto, la dialettica brechtiana... E proprio con l'effetto di distanza che opera la memoria, e grazie alla creatività dei musicisti del Volo di Lindbergh, tali temi, nella versione odierna, sembrano acquistare ulteriore universalità, si fanno ancor più emblematici. Un lavoro musicale, dunque, che, con intelligenza e sensibilità, quasi riaggiorna - sullo scorcio di fine secolo e sulla scorta di un bagaglio musicale europeo che questo stesso secolo ha prodotto - i temi (non solo musicali) e i personaggi "tipici" creati dalla felice accoppiata Brecht-Weill.
Insomma, questo Lindbergh vola decisamente alto.